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L'insegnante BiancaMaria Tapinassi-Μυλωνά

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Τρίτη 29 Ιουνίου 2010

Alberto Moravia, ascolto del racconto '"Romolo e Remo" (livello avanzato)

Cliccare sulla foto dello scrittore.
Sulla pagina che apre a destra troverete note biografiche. A sinistra ci sono i bottoni della prima e seconda parte del racconto.

Κάντε κλικ πάνω στη φωτογραφία του συγγραφέα.
Στη σελίδα που θα ανοίξει δεξιά θα βρείτε βιογραφικές σημειώσεις .Αριστερά υπάρχουν τα κουμπιά του πρώτου και δεύτερου μέρους του διηγήματος.
buon divertimento!

A. Domande di comprensione

parte prima:

1. In quali condizioni si trova Remo?

2.In quale modo pensa di togliersi la fame?

3. Com' è la trattoria di Romolo?

4.Come si comportano i due vecchi amici al loro incontro?

parte seconda:

5.Quale conseguenza porta la visita di Romo in trattoria?

B. Completamento

(il pezzo da completare si trova all' inizio della prima parte)

(το κομμάτι για συμπλήρωση βρίσκεται στην αρχή του πρώτου μέρους)

"L’urgenza della fame non si può ............................ a quella degli altri bisogni. Provatevi a dire ad alta ..............: «Mi serve un paio di ................, mi serve un pettine, mi serve un fazzoletto», tacete un ................... per rifiatare (1) e poi dite: “Mi serve un ...............” , e sentirete subito la ....................... Per qualsiasi cosa potete pensarci su, ........................, scegliere, magari rinunziarci, ma il momento che confessate a voi stessi che vi .................... un pranzo, non avete più tempo da .................... Dovete ................... il pranzo, se no morite di ...............
Il cinque ottobre di quest’ ..............., a mezzogiorno a piazza Colonna (2) sedetti sulla ringhiera della ................... e dissi a me stesso: “Mi serve un ....................” . Da terra dove, durante questa riflessione, volgevo gli ....................., levai gli sguardi al traffico del Corso e lo vidi tutto annebbiato e tremolante: non ....................... da più di un giorno e, si sa, la prima ................ che succede quando si ha fame è di vedere le cose ...................., cioè vacillanti e deboli come se fossero esse stesse, appunto, ad avere fame. Poi pensai che ................... trovare questo pranzo, e pensai che se .................... ancora non avrei più avuto la ................. nemmeno di pensarci, e cominciai a riflettere sulla maniera di trovarlo al più ................. "

C. Trascrizione del testo

Alberto Moravia, “Romolo e Remo”
Remo, il protagonista del racconto che stai per ascoltare, è un povero diavolo alle prese con la fame. Pensa e ripensa, l’unica soluzione che trova è quella di «sbafare» un pranzo nella trattoria di un suo vecchio amico, Romolo. Ma, giunto alla trattoria, scopre che anche Romolo è poverissimo. A questo punto Remo si lascerà commuovere e desisterà dal suo imbroglio oppure prevarrà in lui l’istinto di conservazione e sbaferà il pranzo a danno dell’amico?


parte prima

L’urgenza della fame non si può paragonare a quella degli altri bisogni. Provatevi a dire ad alta voce: «Mi serve un paio di scarpe… mi serve un pettine… mi serve un fazzoletto», tacete un momento per rifiatare (1) e poi dite: “Mi serve un pranzo” , e sentirete subito la differenza. Per qualsiasi cosa potete pensarci su, cercare, scegliere, magari rinunziarci, ma il momento che confessate a voi stessi che vi serve un pranzo, non avete più tempo da perdere. Dovete trovare il pranzo, se no morite di fame.
Il cinque ottobre di quest’anno, a mezzogiorno a piazza Colonna (2) sedetti sulla ringhiera della fontana e dissi a me stesso: “Mi serve un pranzo” . Da terra dove, durante questa riflessione, volgevo gli occhi, levai gli sguardi al traffico del Corso e lo vidi tutto annebbiato e tremolante: non mangiavo da più di un giorno e, si sa, la prima cosa che succede quando si ha fame è di vedere le cose affamate, cioè vacillanti e deboli come se fossero esse stesse, appunto, ad avere fame. Poi pensai che dovevo trovare questo pranzo, e pensai che se aspettavo ancora non avrei più avuto la forza nemmeno di pensarci, e cominciai a riflettere sulla maniera di trovarlo al più presto. Purtroppo, quando si ha fretta non si pensa nulla di buono: “Salgo in un tram… borseggio un tale… scappo” ; “Entro in un negozio, vado alla cassa, afferro il morto (3) … scappo” . “ No ..., perso per perso, tanto vale che mi faccia arrestare per oltraggio alla forza pubblica (4)… in questura una minestra me la dànno sempre” .
In quel momento un ragazzo, accanto a me, ne chiamò un altro: “Romolo”. Allora, a quel grido, mi ricordai di un altro Romolo che era stato con me sotto le armi. Avevo avuto, allora, la debolezza di raccontargli qualche bugia: che al paese ero benestante mentre non sono nato in alcun paese bensì presso Roma, a Prima Porta (5). Ma, adesso, quella debolezza mi faceva comodo. Romolo aveva aperto una trattoria dalle parti del Pantheon. Ci sarei andato e avrei mangiato il pranzo di cui avevo bisogno. Poi, al momento del conto, avrei tirato fuori l’amicizia, il servizio militare fatto insieme, i ricordi… Insomma, Romolo non mi avrebbe fatto arrestare.
Per prima cosa andai alla vetrina di un negozio e mi guardai in uno specchio. Per combinazione, mi ero fatto la barba quella mattina con il rasoio e il sapone del padrone di casa, un usciere di tribunale che mi affittava un sottoscala. La camicia, senza essere proprio pulita, non era indecente: soltanto quattro giorni che la portavo. Il vestito, poi, grigio spinato, era come nuovo: me l’aveva dato una buona signora il cui marito era stato mio capitano in guerra. La cravatta, invece, era sfilacciata, una cravatta rossa che avrà avuto dieci anni. Rialzai il colletto e rifeci il nodo in modo che la cravatta, adesso, aveva una parte lunghissima e una parte corta. Nascosi la parte corta sotto quella lunga e abbottonai la giacca fino al petto. Come mi mossi dallo specchio, forse per lo sforzo di attenzione con cui mi ero guardato, la testa mi girò e andai a sbattere contro una guardia ferma sull’angolo del marciapiede. “Guarda dove vai ,che sei ubriaco? “ “ Sì, ubriaco di fame “ .
Con passo vacillante mi diressi verso il Pantheon. Sapevo l’indirizzo, ma quando lo trovai non ci credevo. Era una porticina in fondo a un vicolo cieco6, a due passi da quattro o cinque pattumiere colme. L’insegna color sangue di bue portava scritto: «Trattoria, cucina casalinga»; la vetrina, anch’essa dipinta di rosso, conteneva in tutto e per tutto una mela. Dico una mela e non scherzo. Cominciai a capire, ma ormai ero lanciato ed entrai.
Una volta dentro capii tutto e la fame per un momento mi si raddoppiò di smarrimento. Però mi feci coraggio e andai a sedermi a uno qualsiasi dei quattro o cinque tavoli, nella stanzuccia deserta e in penombra.
“Cameriere! Cameriere !”.
“Papà , ti chiamano !”
“ Vado, vado...”
“Comandi, comandi signore “
“Vorrei mangiare”
“Ah ,mangiare ,subito,subito ... ma tu sei Remo…”
“Ah, mi riconosci”.
“E come se ti riconosco… non stavamo insieme sotto le armi? Non ci chiamavamo Romolo Remo e la Lupa per via di quella ragazza che corteggiavamo insieme? “
Insomma: i ricordi. Si vedeva che lui tirava fuori i ricordi non perché mi fosse affezionato ma perché ero un cliente. Anzi, visto che nella trattoria non c’era nessuno, il cliente. Di clienti doveva averne pochi e anche i ricordi potevano servire a farmi buona accoglienza.
“ Vecchio Remo, vecchio Remo; oh aspetta ,chiamo mia moglie..., Loreta!Loreta ! Vieni qua ..., Loreta, lo vedi questo ? Questo è Remo, quello di cui ho tanto parlato “.
“ Buongiorno”
“ Buongiorno”
“ Quelli sono i miei ragazzini , un maschieto e una femminuccia ... , carucci eh? No, no ... state li in cucina, vai in cucina pure tu Loreta ,vai, vai ... Bravo, bravo… il nostro Remo, proprio bravo ... , che mi racconti eh?”
“Beh, sono di passaggio a Roma… faccio il viaggiatore di commercio… siccome dovevo mangiare in qualche posto, ho pensato: Perché non andrei a mangiare dall’amico Romolo?””.
“Bravo, si capisce ; allora che facciamo :due spaghetti? “
“Si,si capisce”
“ Due spaghetti al burro e parmigiano…e cosi ci vuole meno a farli e piu’ facile ,e poi sono più leggeri… poi che facciamo? Una buona bistecca? No? Due fettine di vitella? Una bella lombatina? Una scaloppina al burro? “
“Abbacchio (7)… ne hai abbacchio? “
“Abbacchio ? ... Abbachio non ce l’ ho, mi rincresce…sai, lo facciamo per la sera.”
“ E va bene… allora un filetto con l’uovo sopra… alla Bismarck.”
“Alla Bismarck, sicuro… voleva d’ altro? “
“E insalata.”
“ Sì, pure con insalata… e un litro, asciutto (8), no? “
“ Asciutto.”
“ Asciutto, asciutto ...”

vocabolario
1. rifiatare: prendere fiato παίρνω ανάσα
2. piazza Colonna: piazza del centro di Roma πλατεία στο κέντρο της Ρώμης
3. il morto: il malloppo; termine gergale tipico della malavita η λεία,τα κλοπιμαία, όρος αργκώ των κακοποιών
4. per oltraggio alla forza pubblica: per aver offeso un rappresentante della forza pubblica, come un vigile, un poliziotto
προσβολή ενός αντιπροσώπου της δημόσιας αρχής, όπως ενός τροχονόμου , ενός αστυνομικού
5. Prima Porta: quartiere periferico di Roma συνοικία της περιφέρειας της Ρώμης
6. vicolo cieco: senza uscita δρομάκι αδιέξοδο
7. Abbacchio: piatto a base di agnello, molto caro
φαγητό με βάση το αρνί, πολύ ακριβό
8. asciutto: vino secco, non dolce οίνος ξηρός, όχι γλυκός

parte seconda

Ripetendo “asciutto” se ne ando in cucina e mi lascio’ solo al tavolino.La testa continuava a girarmi dalla debolezza, sentivo che facevo una gran cattiva azione; però, quasi quasi, mi faceva piacere di compierla. La fame rende crudeli: Romolo era forse più affamato di me e io, in fondo, ci avevo gusto. Intanto, in cucina, tutta la famiglia confabulava (1) : udivo lui che parlava a bassa voce, pressante (2) , ansioso; la moglie che rispondeva, malcontenta. Finalmente, i due figli scapparono fuori dalla cucina, dirigendosi in fretta verso l’uscita. Capii che Romolo, forse, non aveva in trattoria neppure il pane.
Intravvidi la moglie che, ritta davanti il fornello, rianimava con la ventola il fuoco quasi spento. Lui, poi, uscì dalla cucina e venne a sedersi davanti a me, al tavolino. Veniva a tenermi compagnia per guadagnar tempo e permettere ai figli di tornare con la spesa.
“ ...Dunque...”
“ Ti sei fatto un localetto proprio carino…, carino ... beh, come va? Bene eh? “
“ Bene,si ..., va bene…,sai com’ è , bene, c’è la crisi… oggi, poi, è lunedì… ma di solito, qui c’è sempre gente, non si circola “.
“ Ti sei messo a posto, eh? “
“ Si ..., cosi ... E tu ti sei messo a posto? “ .
“ Non posso lamentarmi… le mie cento, centocinquantamila lire al mese le faccio sempre; lavoro duro, però “ .
“ Perchè il nostro non è duro ? “
“ Eh, che sarà… voialtri osti state sul velluto (3) : la gente può fare a meno di tutto ma mangiare deve… scommetto che ci hai anche i soldi da parte. “
“ Vecchio Remo… ti ricordi quando stavamo insieme a Gaeta? “ .
Insomma, voleva i ricordi perché si vergognava di mentire e anche perché, forse, quello era stato il momento migliore della sua vita. Questa volta mi fece troppa compassione e lo accontentai dicendogli che ricordavo. Subito si rianimò e prese a parlare, dandomi ogni tanto delle manate sulle spalle, perfino ridendo.
Rientrò il maschietto reggendo con le due mani, in punta di piedi, come se fosse stato una reliquia , un litro colmo. Romolo mi versò da bere e versò anche a se stesso, appena l’ebbi invitato. Col vino diventò ancor più loquace, si vede che anche lui era digiuno. Così chiacchierando e bevendo, passarono un venti minuti, e poi, come in sogno, vidi rientrare anche la bambina. Poverina: reggeva con le braccine, contro il petto, un fagotto in cui c’era un po’ di tutto: il pacchetto giallo della bistecca, l’involtino di carta di giornale dell’uovo, lo sfilatino (4) avvolto in velina marrone, il burro e il formaggio chiusi in carta oliata, il mazzo verde dell’insalata e, così mi parve, anche la bottiglietta dell’olio. Andò dritta in cucina, seria, contenta; e Romolo, mentre passava, si spostò sulla seggiola in modo da nasconderla. Quindi si versò da bere e ricominciò coi ricordi.
Intanto, in cucina, sentivo che la madre diceva non so che alla figlia, e la figlia si scusava, rispondendo : «Non ha voluto darmene di meno». Insomma: miseria, completa, assoluta, quasi quasi peggio della mia.
Ma avevo fame e, quando la bambina mi portò il piatto degli spaghetti, mi ci buttai sopra senza rimorso; anzi, la sensazione di sbafare alle spalle di gente povera quanto me, mi diede maggiore appetito.
Romolo mi guardava mangiare quasi con invidia, e non potei fare a meno di pensare che anche lui, quegli spaghetti, se li poteva permettere di rado. “ Vuoi assaggiarli Romolo... dai ... Romolo ...provali,almeno una forchettata, sono buoni, no ?”
“ Sono buoni, non c’è che dire “ ,
Dopo gli spaghetti, la bambina mi portò il filetto con l’uovo sopra e l’insalata, e Romolo, forse vergognandosi di stare a contarmi i bocconi, tornò in cucina. Mangiai solo, e, mangiando, mi accorsi che ero quasi ubriaco dal mangiare. Eh, quanto è bello mangiare quando si ha fame. Mi cacciavo in bocca un pezzo di pane, ci versavo sopra un sorso di vino, masticavo, inghiottivo. Erano anni che non mangiavo tanto di gusto.
La bambina mi portò la frutta e io volli anche un pezzo di parmigiano da mangiare con la pera. Finito che ebbi di mangiare, mi sdraiai sulla seggiola, uno stuzzicadenti in bocca e tutta la famiglia uscì dalla cucina e venne a mettersi in piedi davanti a me, guardandomi come un oggetto prezioso. Romolo, forse per via che aveva bevuto, adesso era allegro e raccontava non so che avventura di donne di quando eravamo sotto le armi. Invece la moglie, il viso unto e sporco di una ditata di polvere di carbone, era proprio triste. Guardai i bambini: erano pallidi, denutriti, gli occhi più grandi della testa. Mi venne ad un tratto compassione e insieme rimorso. Tanto più che la moglie disse: «Eh, di clienti come lei, ce ne vorrebbero almeno quattro o cinque a pasto… allora sì che potremmo respirare».
«Perché? Non viene gente?»
«Qualcuno viene», disse lei, «soprattutto la sera… ma povera gente: portano il cartoccio, ordinano il vino, poca roba, un quarto, una foglietta (5) … la mattina, poi, manco accendo il fuoco, tanto non viene nessuno.»
«Ahò, piantala con questo piagnisteo… mi porti iettatura».
«La iettatura la porti tu a noi… sei tu lo iettatore; tra me che sgobbo e mi affanno e tu che non fai niente e passi il tempo a ricordarti di quando eri soldato, lo iettatore chi è?».
“ Chi è ?! Becca questo!”
«Ti ammazzo!»
“ Calma,calma!”
Capii che il momento era questo o mai più. Mi alzai e ripetendo: «Calma, calma», mi ritrovai fuori della trattoria, nel vicolo. Affrettai il passo, scantonai; a piazza del Pantheon ripresi il passo normale e mi avviai verso il Corso.

vocabolario
1. confabulava: parlava sottovoce, in atteggiamenti misteriosi μιλούσε χαμηλόφωνα, με συμπεριφορά μυστηριώδη
2. pressante: insistente.
3. state sul velluto: modo di dire che significa: vivete sicuri, senza preoccupazioni.
4. sfilatino: pane lungo e sottile.
5. una foglietta: termine romano per indicare «mezzo litro».
6. iettatura : malocchio γρουσουζιά


l' insegnante BiancaMaria Tapinassi Μυλωνά

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